
«Una buona reputazione vale più dell’olio profumato» (Ecclesiaste 7:1 a)
«Che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è che se ne parli…»
Potrei andare avanti così, sgranando proverbi e citazioni di un lungo rosario sulla REPUTAZIONE.
Esiste una vastissima letteratura sul tema, sai? E già questo ci fa capire quanto sia importante l’idea di onorabilità nella società, da sempre. La reputazione di un soggetto (e quindi di una persona, di un’istituzione, di un’azienda e così via) è la considerazione o la stima di cui questo soggetto gode nella società. A noi interessa concentrarci sul concetto di BUONA reputazione. Sì, perché il termine ‘reputazione’, preso singolarmente, ha valenza neutra; si può, cioè, godere di una buona o di una cattiva reputazione. Da un punto di vista etico e morale, che attiene alla sfera personale di ognuno di noi, i parametri che definiscono un individuo stimabile, sono ormai – ahinoi! – piuttosto labili e soggettivi. Ma, fortunatamente, non è questo che ci interessa affrontare in questa sede. Il focus di oggi – che ti appassionerà sicuramente di più di antropologiche disquisizioni sull’evoluzione della moralità nel corso dei secoli! – si incentra sull’avere SUCCESSO e su ciò che serve ad un’azienda, ad un brand, ad un business qualsiasi, per raggiungerlo. Dirai: vabbè, e tutto il discorso sulla reputazione, allora, che c’entrava?! C’entra, c’entra. Ti faccio una domanda: Di cosa ha bisogno una realtà imprenditoriale per affermarsi nel proprio campo e incrementare la propria popolarità – e, di conseguenza, il proprio business? Di tutti i fattori produttivi necessari? Delle materie prime? Di una generosa disponibilità economica? Tutte – queste – cose che si possono comprare. La risposta è NO. Non è di questo che hai bisogno per raggiungere lo scopo. Non si tratta di qualcosa che è in vendita, bensì di un potenziale che ognuno di noi possiede già. Una BUONA REPUTAZIONE (visto che c’entrava?). E questa non si compra, si costruisce. Lavoro nient’affatto semplice e rapido; oggi a maggior ragione, nell’era dei social network risulta molto fragile, continuamente a rischio di rovinarsi con conseguenti impatti sulla redditività dell’azienda stessa. La reputazione, il marketing, l’etica, sono indissolubilmente legati. Prendi, ad esempio, un caso recente, quello della Motta, finita nell’occhio del ciclone, rischiando la reputazione – appunto – per un’operazione di marketing azzardata. Motta ha lanciato una pubblicità di rottura, completamente fuori dagli schemi. La rete si è scatenata, chi pro, chi contro, perché si tratta di una pubblicità dissacrante, forte ma con un messaggio chiaro: se ti piace, compri la mia merendina; diversamente amen! È una pubblicità commerciale finalizzata alla vendita di un prodotto, dove l’azienda ha imboccato una strada comunicativa diversa, sconveniente, sicuramente di rottura rispetto alle pubblicità tradizionali a cui siamo abituati. Ha messo a rischio la propria reputazione. Con coraggio però, e consapevolezza. Non condanno affatto la Motta. Ma, adesso sai cosa intendevo facendo riferimento alla fragilità odierna di un brand, nell’era dei social. Gli assi nella manica che TU hai a disposizione sono tre. Tre fattori utili a costruirti una solida impalcatura per rafforzare il tuo nome, la tua credibilità. COERENZA, TRASPARENZA e ONESTÀ. Raccontati esattamente come sei, niente infingimenti, niente promesse che non puoi mantenere; sii chiaro e assumiti sempre le tue responsabilità, anche quando sbagli (vedi il caso Volkswagen e lo scandalo sulla manipolazione dei dati delle emissioni inquinanti). Come ha detto qualcuno “Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso.” Fidati, è esattamente così.